Senza compromettere gli equilibri macroeconomici l’Italia potrebbe investire in sanità l’11,3% in più, pari a circa 20 miliardi di euro. Eppure, questa cifra non consentirebbe neanche di risolvere la carenza di personale e il riallineamento delle retribuzioni, che richiederebbero 40 miliardi.
E mentre il nostro divario rispetto ai Paesi dell’Europa Occidentale si accentua, la spesa privata aumenta contribuendo all’impoverimento delle famiglie e a una crescente rinuncia alle cure. L’analisi del 20° Rapporto C.R.E.A. Sanità.
Oggi l’Italia è il più ricco dei Paesi più poveri in Europa con un livello di finanziamento alla sanità inferiore dell’11,3% rispetto all’atteso. Per quanto sarebbe possibile iniettare nel sistema ulteriori 20 miliardi di euro (sebbene esistano altri settori fortemente sottofinanziati, istruzione in primis) questo non basterebbe. Difatti, per riallineare la spesa servirebbero almeno 40 miliardi di euro.
Un bisogno questo confermato dalla quota di spesa sanitaria sostenuta dai cittadini, pari a circa 42 miliardi di euro. Stima del fabbisogno aggiuntivo peraltro sottostimata, considerando la non spesa dei 2,5 milioni di persone che rinunciano del tutto alle cure.
Difatti, per quanto il nostro SSN continui a dichiararsi universalistico, è nei fatti sempre meno equo.
Sono queste le principali evidenze emerse dalla 20° edizione del Rapporto C.R.E.A. Sanità – presentato lo scorso 29 gennaio a Roma presso la sede del CNEL, per la prima volta alla presenza di 6 ministri che nell’ultimo trentennio si sono susseguiti alla guida del Dicastero della Salute.
L’equità tradita
Alla base di un’equità che resta soltanto una chimera esiste un peccato originale per cui il SSN, viene di fatto finanziato grazie alla contribuzione IVA e IRAP di meno del 20% della popolazione, mentre il restante 80% versa al fisco una cifra inferiore rispetto al valore dei servizi sanitari che in media riceve. Come sopra evidenziato, l’equità tradita è testimoniata anche da una spesa sanitaria privata in continua crescita, proporzionalmente al reddito ma anche a situazioni di minore efficienza dei sistemi sanitari regionali.
Questa situazione si ripercuote negativamente sulla rinuncia alle cure, che interessa 3,4 milioni di soggetti, sia in una spesa sanitaria privata sostenuta per il 20% dai nuclei familiari più poveri, di cui oltre 2 milioni è costretto a sostenere spese catastrofiche per curarsi.
I perduranti gap territoriali
Per quanto riguarda i divari territoriali, il rapporto mostra che tra i due estremi rappresentati dalla Regione Liguria e dalla Regione Campania si riscontra una differenza nella spesa pro capite assegnata pari a 150 euro, che raggiunge i 300 euro considerando anche i dati di mobilità sanitaria e che sfiora i 500 se si guarda anche alla spesa privata.
«Se esistono Regioni più ricche – quelle del Nord – in cui le persone possono permettersi di comprare di tasca propria i farmaci in classe A riducendo l’onere a carico del SSN, le risorse risparmiate dovrebbero essere destinate alle fasce più deboli della popolazione, un elemento questo a oggi neppure considerato», ha ricordato Federico Spandonaro, presidente del Comitato Scientifico C.R.E.A. Sanità.
Per una trasformazione efficace e duratura
Il rapporto sottolinea l’incapacità attuale del sistema sanitario di garantire una assistenza universalistica, nonostante un progressivo ampiamento dei LEA.
Alla domanda chiave – se sia cioè sufficiente proseguire in una manutenzione, seppure straordinaria del SSN o se sia invece giunto il momento di agire una trasformazione radicale attraverso scelte coraggiose, i ricercatori del C.R.E.A. Sanità non hanno dubbi circa la necessità di una trasformazione non più rinviabile.
La razionalizzazione implica però anzitutto una vision: occorre quindi comprendere se agire in base alla severità clinico-assistenziale dei bisogni dando priorità alle patologie più severe, oppure in base al merito delle risposte, assegnando priorità agli interventi a maggiore valore terapeutico o sociale o ancora in base alle barriere all’accesso, dando priorità ai bisogni dei meno abbienti e, ovvero di quanti meno alfabetizzati da un punto di vista sanitario.
Una roadmap in 15 punti
40 esperti italiani, insieme al C.R.E.A., hanno messo a punto una roadmap articolata in 15 punti, il cui obiettivo principale è rendere il SSN capace di riallineare le promesse alle risorse disponibili, evitando razionamenti impliciti che sono per definizione oggetto di ingiustizia perché penalizzano la popolazione più fragile, in termini di salute ma, ancor di più, di censo e alfabetizzazione sanitaria.