Ci sono tanti argomenti che popolano il panorama del Servizio Sanitario Nazionale avendo come obiettivo complessivo la garanzia di corrispondere ancora a quanto scritto nella Costituzione. Lo sforzo in corso – magari non perfettamente coordinato – è provare a trovare le soluzioni anche tecnologiche più adatte a garantire universalità, equità e possibilità di accesso alle cure.
Mi soffermo sulla telemedicina, che ha certamente ricevuto molta attenzione senza un costrutto reale, ma affidandosi a esperienze locali (per quanto di successo) troppo isolate per essere efficaci o prese a paradigma. È però sempre più evidente che se abbiamo un interesse a garantire la continuità delle cure dei cronici (e non solo) anche al domicilio – perché si è compreso che una vita più normale aiuta anche il processo di guarigione o di non peggioramento della malattia – abbiamo la necessità di rendere molto diffuso questo strumento e di “uniformarlo” a standard che non fermino l’iniziativa dei singoli verso progetti di avanguardia ma che garantiscano un ecosistema adatto ad accogliere anche questa soluzione tecnologica. Diversamente, resterà una moda o l’interesse (sano e scientificamente ed eticamente corretto) di qualcuno.
Gli aspetti sui quali abbiamo ancora tanto lavoro da fare, rimarcati anche dal manifesto “La telemedicina che vorrei”, proposto da AIIC e SIT nel corso del XXIV Convegno Nazionale AIIC, sono molti: controllo, interoperabilità, scienza, architettura ma anche legislazione, sicurezza sono alcune delle parole chiave scritte nel manifesto (che vi invito a leggere, sottoscrivere e condividere) e che evidenziano, come se fosse necessario, che la telemedicina può essere rappresentata come una funzione di più variabili. La complessità dell’approccio deriva dal fatto che – diversamente da come ci hanno insegnato per analizzare un sistema di più variabili – non possiamo modificarne una sola alla volta per valutarne l’effetto: non abbiamo tempo e, soprattutto, la modifica di una variabile determina modifiche anche alle altre. Viene richiesto, quindi, un approccio complessivo che deriva dalla presa di coscienza che, forse più che in altri ambiti, la multidisciplinarietà dell’approccio è fondamentale per la riuscita del progetto. Proprio perché si tratta di un ecosistema (che vede coinvolti la tecnologia, i dati, l’organizzazione, la necessità di valutazione del processo), richiede la presenza di tutte le figure professionali che, con il loro contributo “verticale”, possono fornire il mattoncino che deve, però, essere collocato correttamente affinché la costruzione possa essere solida e … stare in piedi.