Presentato dal Centro per la Ricerca Economica Applicata alla Sanità, che ne è promotore dal 2012, il XII Rapporto “Opportunità di tutela della Salute e Performance Regionali”, che presenta una sezione dedicata all’Autonomia Differenziata, con la selezione di un apposito sottogruppo di dieci indicatori che andranno applicati al futuro monitoraggio della riforma da poco approvata dal Parlamento.
Gli indicatori sono:
- equità, diviso in “quota mobilità passiva effettiva per DRG a bassa e media complessità” e “quota di persone che rinuncia a prestazioni sanitarie”;
- esiti, diviso in “speranza di vita senza limitazioni funzionali” e “mortalità per Infarto Miocardico Acuto a 30 giorni”;
- appropriatezza, diviso in “tasso di accessi in PS nei giorni feriali (da lunedì a venerdì) dalle ore 8.00 alle ore 20.00 di adulti con codice di dimissione bianco/verde” e “tasso di ospedalizzazione (evitabile) per patologie croniche”;
- innovazione, diviso in “indice di implementazione rete oncologica” e “tasso di attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico”;
- economico-finanziaria, diviso in “spesa sanitaria pubblica pro-capite: gap rispetto alla media EU” e “incidenza della spesa per consumi sanitari privati delle famiglie sui consumi totali”.
Definiti questi indici, nel Report si legge la volontà di “realizzare una prima sperimentazione utile a valutarne il “verso” degli effetti di eventuali modifiche istituzionali, identificando eventuali criticità nei diversi “livelli” di governance: nazionale, regionale e locale”.
Ci vorrà ancora del tempo prima che la riforma passi dalla carta alla realtà, dal momento che per la sanità, così come per la scuola e altri servizi fondamentali, devono essere prima di tutto individuati i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), stabilendo, quindi, quali sono i servizi che devono essere garantiti lungo tutto lo stivale.
Inoltre, serve un lavoro di calcolo economico per valutare il costo standard da garantire alle Regioni in autonomia differenziata per le nuove funzioni attribuite. Nel frattempo, il Report parla anche di performance regionali.
Performance regionali 2024
Il panel di specialisti, che ha lavorato alla valutazione delle performance sanitarie regionali per l’attuale edizione del Report, ha individuato un’oscillazione tra il 60% e il 26% relativa alle opportunità di tutela socio-sanitaria offerte ai propri cittadini.
Vengono individuati 4 gruppi in base al punteggio ottenuto. Regioni che offrono la migliore tutela, con il Veneto in testa (60%), seguito da Piemonte (55%), Provincia Autonoma di Bolzano (54%) e Toscana (53%).
Regioni che offrono una certa tutela, ma raggiungono al massimo il 50% degli indici: Friuli-Venezia Giulia, P.A. di Trento (52%), Emilia-Romagna (49%), Liguria (, Valle d’Aosta (47%), Marche (46%) e Lombardia (45%).
Regioni con performance abbastanza basse: Sardegna (44%), Campania (41%), Lazio (40%), Umbria (39%), Abruzzo (39%) e Puglia (37%).
Infine, Regioni da bollino rosso, con livelli di performance inferiori al 35%: Sicilia (33%), Molise (31%), Basilicata (27%) e Calabria (26%).
Si nota come le Regioni con le performance peggiori sono tutte al Sud del Paese: non è un caso che siano le Regioni che, in parte, stanno cercando di contrastare l’autonomia differenziata, consapevoli dei rischi che questa comporta per i propri cittadini.
Una visione più ampia
Da ultimo, il Report fornisce anche una visione di performance degli ultimi 5 anni, individuando trend e criticità, ma anche ambiti di miglioramento. Si vede, certamente, un cambio di peso dei diversi indici sull’esito delle performance. Per esempio, rispetto all’edizione precedente, cala il peso della Dimensione Equità e della Dimensione Economico-finanziaria, mentre aumenta la Dimensione Esiti, appropriatezza e Sociale.
Secondo il panel, quindi, “il focus della performance si sposta dinamicamente verso il monitoraggio delle politiche di potenziamento del “territorio” e di integrazione con i servizi sociali, ritenute essenziali in termini di tutela della popolazione, che richiede una “garanzia” di Esiti, congiunta a una concreta integrazione tra sanità e sociale, superando la separazione di ruoli e competenze sin qui sperimentata”.
Interessante osservare, inoltre, che negli ultimi 5 anni tutte le Regioni, comprese quelle del Sud, hanno vissuto un miglioramento delle performance. Anzi, se vogliamo essere precisi, sono proprio le Regioni meridionali ad aver fatto i maggiori passi avanti, con un +75,9% in media, seguite dalle Regioni del Nord-Est (+44,9%), da quelle del Nord-Ovest (+40,9%) e da quelle del Centro (+37,4%). Sembrerebbe, quindi, che con l’attuale assetto del sistema sanitario, non sia possibile per le Regioni a più alte performance migliorare ulteriormente.