Lavoriamo per supportare il nostro SSN

Umberto Nocco

Il mondo delle tecnologie per la sanità è (fortunatamente) in continuo fermento, nonostante alcune preoccupazioni – assolutamente ragionevoli – che derivano dalla sentenza della Corte Costituzionale sul payback, che rischia di bloccare in modo significativo il comparto dell’industria biomedica a causa di un approccio “ragionieristico” la cui unica attenzione è far tornare i conti e non certo il bene del paziente.

Fortunatamente l’industria ha mostrato di non volersi fermare, cosciente del contributo che porta alla salute dei pazienti.

L’innovazione in sanità viene dalla stretta collaborazione tra il mondo clinico (che di solito ha le idee ed esprime un bisogno) e il mondo industriale, che le acquisisce, valuta, recepisce e molto spesso implementa. Questo è il modo che ha l’industria biomedicale di partecipare alla cura: non è solo la fornitura dei dispositivi (forse a questa si potrebbe sopperire), ma la possibilità di interazione tra i due mondi che è – di fatto – la sorgente dell’innovazione e, quindi, della possibilità per i nostri pazienti di disporre a cure più efficaci e magari personalizzate rispetto allo specifico bisogno di salute.

Ne sono testimonianza anche alcuni contributi presenti in questo numero, che raccontano l’innovazione e la sua implementazione, i risultati di partecipazione a premi (cito a esempio il Premio Innovazione AIIC, che ha visto la seconda edizione in occasione del convegno nazionale dello scorso maggio) da parte di aziende che hanno interesse a evidenziare non solo la qualità del prodotto ma anche il fatto che investono risorse nello sviluppo di nuovi dispositivi.

E il SSN cosa fa? In questo momento sembra in affanno per cercare di far fronte al bisogno crescente di salute (e su questo occorre forse aprire un tavolo di discussione, perché pone temi quali appropriatezza, equità d’accesso ecc.) senza però trovare strumenti per sostenere questo andamento.

Occorre capire cosa serve a far funzionare il sistema: professionisti formati e motivati, dispositivi – con il loro “backbone” di impresa e persone che lavorano nel settore – strutture adeguate a fornire la risposta corretta magari non dove serve ma nel modo in cui serve (le Case di Comunità dovrebbero essere espressione di questo approccio).

È chiaro che alla fine tutto converge su un problema di finanziamento. Ma finanziare qualcosa di chiaro, disegnato e programmato è più evidente (non più semplice) che provare a immettere risorse in un sistema che al momento fa forse fatica a dare le risposte che il finanziatore si aspetta. Mi viene in mente un parallelo… volante… ma qui mi fermo.

L’auspicio è che i prossimi mesi possano portare alla soluzione di alcuni problemi (payback su tutti) e una nuova vera ed efficace ripartenza del nostro SSN.