All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma sono stati trattati con magneto-anastomosi cinque casi di atresia esofagea in neonati (in letteratura ne sono descritti solo 25 casi descritti).
L’atresia dell’esofago è una malformazione congenita rara dalle cause sconosciute che comporta la mancanza di un tratto di esofago e impedisce nei neonati la normale alimentazione attraverso la bocca.
La frequenza va da un massimo di 1 bambino su 2500 a un minimo di 1 bambino su 4000 nati vivi.
In molti casi questa condizione è associata a una comunicazione anomala (fistola tracheoesofagea) con la trachea. Nel 10-15% dei casi la fistola tracheoesofagea non è presente, ma la distanza tra i due monconi dell’esofago è maggiore. In questo caso si parla di atresia esofagea long-gap.
Entrambe le varianti vengono di norma trattate nei primi mesi di vita con interventi chirurgici molto efficaci, ma con rischi dati dalla tecnica specifica oltre a quelli generici di un intervento sul torace di un neonato o di un lattante di pochi chili di peso.
La nuova tecnica
La magneto-anastomosi è una tecnica innovativa e non invasiva che consente di trattare, senza intervento chirurgico vero e proprio, l’atresia dell’esofago nella variante long-gap.
Si effettua posizionando i magneti (due calamite con diametro 0,5 cm) nella parte finale dei due monconi non comunicanti.
Uno viene posizionato nel moncone superiore, mediante sondino morbido e passando dalla bocca, l’altro viene posizionato nel moncone inferiore facendo passare un altro sondino analogo attraverso una piccola apertura per l’alimentazione presente all’altezza dello stomaco.
I bambini con atresia dell’esofago long-gap, infatti, devono essere nutriti temporaneamente in modo artificiale fino alla risoluzione del problema.
Una volta posizionati i magneti, i due monconi dell’esofago vengono spinti uno verso l’altro, controllando il movimento sotto guida radioscopica, fino a farli avvicinare quanto basta perché i due magneti si attraggano e si uniscano grazie alla forza generata dal campo magnetico. L’intervento dura in media circa un’ora rispetto alle 2-4 ore della tecnica chirurgica classica. Nel giro di una settimana circa, la pressione esercitata
dai magneti erode le pareti dell’esofago aprendo il passaggio tra moncone superiore e inferiore.
Contemporaneamente, grazie al contatto prolungato, i due monconi si saldano tra loro. Ora dunque l’esofago è continuo e pervio.
Al termine di questo processo, i due magneti vengono rimossi semplicemente sfilando il tubicino morbido sul quale erano stati posizionati. Il bambino viene quindi subito rialimentato per bocca e sottoposto ad alcune sedute di dilatazione dell’esofago (così come accade quando si usa la tecnica chirurgica classica) per permettere allo stesso di avere un’ampiezza adeguata anche per il passaggio di cibi più consistenti del latte.
Limiti e prospettive
In letteratura, come detto, i casi descritti di magneto-anastomosi sono ancora pochi. È presto per capire se rischi postoperatori (per esempio, il restringimento dell’esofago) siano maggiori o minori rispetto alla tecnica chirurgica tradizionale e perché.
Prossimamente partirà uno studio multicentrico internazionale per sviluppare e testare nuovi magneti brevettati per uso clinico, che dovrebbero essere in grado di ridurre tale rischio. Lo studio durerà due anni circa e coinvolgerà sei centri a livello mondiale, tra cui proprio il Bambino Gesù.