Insoddisfatti e pronti a un cambiamento, anche radicale. La percezione del medico riguardo alla propria professione è peggiorata, in maniera graduale e costante, nel corso degli ultimi anni.
Aspettative disattese, carichi di lavoro importanti, stress e burnout, difficile conciliazione lavoro e vita privata, medicina difensiva, decrescita della fiducia da parte dell’utenza, scarsa valorizzazione del ruolo e della professione in genere, mancanza di attenzione al benessere organizzativo da parte delle aziende sanitarie, retribuzioni poco gratificanti.
Sono alcuni dei fattori che promuovo una visione negativa, attuale e futura, fra la classe medica emersa da uno studio condotto da Anaao Assomed Lombardia.
I dati, preoccupanti, invitano a istituzionalizzare strategie e politiche che favoriscano il miglioramento degli aspetti organizzativi, compreso l’ottimizzazione e utilizzo di tecnologie e riduzione delle burocrazie, come anche degli aspetti psicosociali, offrendo più qualità alla vita del medico, fuori e dentro la struttura, soprattutto in termini di tempo libero e vita privata, non ultimo la promozione dell’identità professionale.
Crisi della professione medica
È evidente nel contesto internazionale; lo confermano studi condotti negli Usa e dati italiani, fra i pochi disponibili, di una ricerca del Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, su un vasto campione di clinico: oltre 1.300 clinici, fra dirigenti medici e professionisti, che hanno risposto a un questionario online, equilibrati per sesso, per età compresa da 25 a 74 anni, e rappresentativo di diverse fasce di anzianità lavorativa, da meno di 5 anni a oltre 25 di carriera, e diverse specialità, tra cui l’area medica, chirurgica e di servizi.
La Lombardia, Regione campione rappresentativa di un panorama che può essere esteso a livello nazionale, esprime una situazione ad alta criticità: 57% dei medici intervistati ritiene la propria situazione lavorativa insoddisfacente a causa della mancanza di valorizzazione del personale, spingendo a decisioni cruciali, con trasferimenti da struttura a struttura, in un continuo turnover nella migliore delle ipotesi.
A fronte del 27% che ha dichiarato di aver cambiato lavoro negli ultimi 5 anni, il 26% dei medici è intenzionato a lasciare la propria posizione nei prossimi 12 mesi.
Più preoccupante un ultimo dato: più della metà del campione (53%) non esclude la possibilità di abbandonare la professione medica definitivamente in un quadro in cui il SSN è al collasso, senza un adeguato ricambio generazionale di professionisti.
Fattori di maggiore insoddisfazione in ambiente aziendale e contesto sociale
Senza distinzione di età, sesso ed expertise le criticità rilevate dai medici attengono sia ad aree strettamente organizzative e burocratico-amministrative, sia di valorizzazione della persona e della professione sia di climax aziendale. Si segnalano, oltre alle criticità citati, alcuni altri aspetti che pesano sul generale contesto, legati a:
- un eccesso di burocratizzazione e informatizzazione (80%) che (tra)muta in alcuni contesti la tecnologia in un fattore che ruba tempo al tempo della cura e alle attività clinico-assistenziali (95%). Sebbene i sistemi informatizzati siano ritenuti più funzionali (62%) rispetto al passato, solo in minima parte nell’opinione comune supportano di fatto l’attività (40%) dei professionisti
- un peggioramento nel rapporto con l’utenza, meno disposta a fidarsi e affidarsi al professionista, considera il medico come meno competente (70%) e disponibile sul piano umano (67%) rispetto al passato. Anche la medicina difensiva, i contenziosi legali sono aspetti temuti dalla quasi totalità della classe medica (93%) e l’85% concorda si tenda oggi a prescrivere un numero maggiore di accertamenti per non esser accusati dal pubblico di inadempienza
- scarsa valorizzazione della professione e del professionista da parte dell’azienda: livelli di retribuzione non in linea con la complessità della professione medica (30%), influenza negativa dei fattori di budget sull’attività clinico-assistenziale (81%), inappropriati parametri di valutazione adottati dalle aziende per valutare l’operato del medico in funzione alla tipologia di attività in questione (61%) sono alcuni delle recriminazioni mosse dai medici all’azienda, poco attenta a dare al professionista un ritorno gratificante, non solo economico al proprio impegno nella struttura.
In conclusione
I risultati dello studio descrittivo denunciano un disagio trasversale a più livelli, dai domini occupazionali a quelli individuali di cui andranno indagate le cause e le necessarie soluzioni con indagini di diversa natura, di differente approccio e più approfonditi.
«Sebbene molte di queste problematiche siano legate a fattori difficilmente modificabili», conclude Stefano Magnone, segretario regionale Anaao-Assomed Lombardia, «l’esperienza vissuta dai professionisti potrebbe trarre beneficio da azioni preventive a livello primario e secondario, per esempio da un supporto all’identità professionale di medici e operatorio, dalla condizione di una cultura aziendale, dalla ridefinizione degli aspetti organizzativi e psicosociali più critici. Tali interventi non solo potrebbero migliorare la qualità della vita degli operatori sanitari, ma anche dei servizi clinico-assistenziali offerti ai pazienti».