Europa medica unita. Un sogno che diventa realtà

Il recepimento italiano
Bastano poche righe lette e subito balza agli occhi (articolo 1) che il decreto votato il 4 dicembre «non obbliga in alcun modo lo Stato a rimborsare i costi dell’assistenza sanitaria prestata da prestatori di assistenza sanitaria stabiliti sul territorio nazionale se detti prestatori non fanno parte del sistema di sicurezza sociale o del Sistema Sanitario Nazionale». Ciò significa che il decreto è valido solo per chi sceglie di andare a farsi curare nell’assistenza pubblica o in cliniche private accreditate. Nessun rimborso per chi sceglie una sanità esclusivamente privata, dunque. Sempre nell’articolo 1 è chiarito che i rimborsi non valgono per servizi assistenziali di lunga durata, l’assegnazione di organi per il trapianto né per i piani statali di vaccinazione. All’articolo 4 viene invece chiarito che «l’assistenza sanitaria transfrontaliera è prestata, nel territorio nazionale, nel rispetto delle scelte etiche fondamentali dello Stato italiano e in conformità ai principi di universalità, di accesso alle cure di elevata qualità, di equità e di solidarietà, nonché ai sensi della legislazione nazionale in vigore, degli standard e degli orientamenti di qualità e sicurezza definiti dalla normativa vigente nel territorio nazionale e della Normativa Europea in materia di standard di sicurezza». Appare dunque chiaro che un cittadino estero che deciderà di venire a farsi curare nel nostro Paese verrà trattato esattamente come se fosse un cittadino italiano, con le medesime attenzioni, verrà e sottoposto alle stesse regole. Idem varrà, questo è ovvio, per un cittadino italiano che decidesse di andare a farsi curare in Austria, in Belgio e così via.
Ma, in pratica? Come si dovrà muovere un cittadino italiano che volesse andare a farsi curare all’estero? E come avviene il rimborso e in che misura? Vediamolo insieme.

Il decreto…in pratica
Nell’articolo 9 del decreto si legge che, per curarsi in un altro Stato, è necessario chiedere un’autorizzazione preventiva alla propria Asl, la quale avrà dieci giorni di tempo per valutarla e dare il suo nullaosta. Infatti, qualora vi sia ragione di credere che il trasferimento potrebbe essere pericoloso per il paziente o se vi siano dubbi rispetto alla sicurezza e alla qualità dell’ente o dell’operatore scelto, l’Asl potrà negare l’autorizzazione. Senza un’autorizzazione preventiva non è possibile farsi ricoverare nemmeno una notte in una struttura estera né avere accesso ad attrezzature mediche costose e avanzate. A meno di non pagare di tasca propria. Una volta ricevuta l’autorizzazione preventiva, si procede a inoltrare la vera domanda di autorizzazione, che deve essere correlata di: indicazione diagnostica e terapeutica, prestazione sanitaria di cui si vuole usufruire, luogo prescelto per la prestazione, prestatore d’opera presso cui si intende farsi curare. L’Asl avrà tempo trenta giorni – quindici nei casi gravi – per dare una risposta e permettere il trasferimento. Per quanto riguarda i rimborsi, l’articolo 9 chiarisce che sarà possibile essere rimborsati in misura uguale al costo della prestazione nel proprio Paese, aggiungendo di tasca propria il possibile disavanzo. I costi della prestazione devono infatti essere anticipati dall’assistito, che solo una volta rientrato potrà fare richiesta di rimborso, allegandovi la fattura della prestazione e il certificato medico. Tempo di attesa, massimo sessanta giorni. Per facilitare il tutto, è stato istituito presso il Ministero della Salute il Punto di Contatto Nazionale, che dovrà offrire ai cittadini italiani e anche a quelli esteri tutte le informazioni del caso, in tre lingue. E dal momento che in Italia alcuni aspetti della sanità sono gestiti autonomamente a livello regionale, ogni Regione avrà la possibilità di aprire un proprio sportello. L’istituzione del Punto di Contatto Nazionale rientra nelle richieste della Direttiva europea, poiché opera nella direzione della cooperazione tra gli Stati Membri per assicurare assistenza e qualità a tutti i cittadini dell’Unione. Questo è un punto molto importante e sono diverse le scelte attuate con il decreto per ottemperarvi. Per fare un esempio, un cittadino straniero che viene a farsi curare in un nostro centro di eccellenza ha anche diritto a ricevere i controlli medici che eventualmente risultassero necessari in un momento successivo. O, ancora, chi andasse a farsi curare all’estero ha diritto ad avere almeno la copia della propria cartella clinica.
Insomma, il decreto è molto dettagliato e fornisce indicazioni anche per casi speciali, come la presenza di malattie rare, facendosi anche carico di alcuni impegni, come quello di aiutare gli operatori a essere sempre più informati di malattie rare, per compiere diagnosi corrette. E tanto altro ancora.