Nel mondo circa 500 milioni di persone sono affette da diabete, per lo più anziani, ma non solo. Questa condizione è un fattore di rischio per sviluppare patologie cardiovascolari, renali e oftalmologiche, ma incide anche sulla guarigione da altre condizioni. Per fare un esempio, circa il 30% dei pazienti morti per Covid-19 erano proprio affetti da diabete.
Data l’alta prevalenza nella popolazione, non è raro che un soggetto ammesso in ospedale soffra di diabete: il rapporto dell’osservatorio CINECA-ARNO del 2019, infatti, sottolinea che circa 1 paziente diabetico ogni 6 viene ricoverato almeno 1 volta l’anno, l’89% dei casi per almeno un ricovero ordinario, mentre il 16% per un almeno un Day Hospital. Non solo.
Confrontando la popolazione diabetica con quella generale, si osserva un tasso di ricovero più che doppio, pari al 235‰ contro il 99‰. Non solo! In molti casi, questi pazienti hanno un ricovero più lungo degli altri, con 1,5 giorni medi di permanenza in più e un maggior rischio di complicanze.
Una migliore gestione di questi cassi permetterebbe di ridurre anche il costo dell’assistenza, oltre che liberare risorse per altri pazienti. Dato che spesso questi soggetti si trovano a soggiornare in reparti differenti da quelli di malattie metaboliche, servono indicazioni per la loro gestione.
Indicazioni ora disponibili sul sito dell’ISS, grazie al lavoro svolto dagli esperti di vari enti scientifici: la Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), l’Associazione Medici Diabetologi (AMD), la Società Italiana di Diabetologia (SID), la Federazione Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI), la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e l’Associazione Nazionale Infermieri di Medicina (ANIMO).
Uno dei primi aspetti da capire è se l’iperglicemia sia davvero legata al diabete, magari mai diagnosticato, o a un rialzo dato dallo stress.
Spiega il prof. Giorgio Sesti, presidente della SIMI: «servono dunque expertise adeguate a condurre a una corretta diagnosi e al trattamento di queste condizioni durante il ricovero, organizzando l’assistenza del paziente, una volta dimesso».
Da qui lo sviluppo delle linee guida, che si riferiscono alla gestione dell’adulto in setting ospedaliero non critico.
Riprende Sesti: «queste linee guida, destinate a medici, infermieri, dietisti, educatori operanti in strutture ospedaliere e pazienti, raccomandano di valutare con attenzione tutti i pazienti ricoverati, per qualunque patologia, andando a ricercare l’eventuale presenza di iperglicemia al momento del ricovero, per ridurre i rischi derivanti dalla sua presenza; durante il ricovero, soprattutto nel caso in cui sia necessario instaurare un trattamento con insulina o farmaci ipoglicemizzanti, si raccomanda inoltre di monitorare la glicemia con il classico monitoraggio glicemico capillare oppure, ove possibile, mediante sistemi di monitoraggio in continuo della glicemia prestando particolare attenzione eventuali episodi di ipoglicemia.
Nei soggetti con iperglicemia/diabete ricoverati e non trattati in precedenza con insulina, in caso di grave scompenso glicemico le linee guida consigliano di instaurare una terapia insulinica basale con analoghi lenti e ultra-lenti dell’insulina, possibilmente facendo uso di ‘penne’, rispetto alle siringhe.
Ove possibile è consigliabile inoltre far valutare la persona con iperglicemia a personale con competenza diabetologica e, al momento della dimissione, di adottare un piano di follow-up strutturato, riferendo il paziente a un centro diabetologico».
Il documento proposto si compone di oltre 500 pagine ed è molto dettagliato.