Gli esiti per il 2023 parlano di miglioramenti, a volte minimi, che rendono conto degli sforzi effettuati nel corso degli anni. Restano tuttavia ampi margini di sviluppo.
Il nuovo Piano Nazionale Esiti analizza la qualità dell’assistenza sanitaria erogata nel 2023 da 1363 ospedali pubblici e privati. Come ogni anno, l’audit si basa su una serie di indicatori (205), suddivisi in due aree principali: assistenza ospedaliera (180) e assistenza territoriale (25).
I nuovi indicatori
La funzione principale del PNE non è, come più volte sottolineato nel corso degli anni, di stilare classifiche tra gli ospedali più e meno performanti, ma piuttosto quella di fornire una visione di insieme che consenta alle singole strutture, ma anche al sistema nel suo complesso, di porre in essere dei processi di miglioramento continuo.
Per assolvere al proprio compito, il PNE deve essere necessariamente uno strumento in continua evoluzione, pronto a cogliere le nuove esigenze sanitarie e a codificarle tramite opportuni indicatori. Per questo ogni nuova edizione presenta delle novità rispetto agli indici presi in considerazione.
L’attuale edizione, per esempio, presenta dieci nuovi indicatori, tutti nell’area ospedaliera: proporzione di pazienti sottoposte a ricerca di linfonodo sentinella durante un ricovero per intervento su TM mammella; proporzione di pazienti sottoposte a svuotamento ascellare durante un ricovero per intervento su TM mammella; proporzione di pazienti con interessamento linfonodale riscontrato durante un ricovero per intervento su TM mammella; ospedalizzazioni per occlusione di auricola sinistra, PFO e DIA; ospedalizzazioni per cirrosi epatica non alcol-correlata; ospedalizzazioni per cirrosi epatica alcol-correlata; ospedalizzazioni per ictus ischemico; ospedalizzazioni per ictus emorragico; mortalità a 30 gg per NSTEMI; volume di ricoveri per BAC totale.
Accanto a questi, vi sono poi altri otto indicatori in sperimentazione. Vediamo, dunque, quali sono i principali esiti del PNE 2024.
Miglioramenti in alcune delle aree ospedaliere considerate
Uno dei fondamenti del PNE è il confronto tra gli esiti raggiunti dalle strutture ospedaliere coinvolte e gli standard di qualità indicati dalla Letteratura. In tal senso, è possibile offrire una panoramica della situazione attuale nel nostro Paese. Dopo lo shock dettato dalla pandemia da Sars-CoV-2, che ha fortemente colpito e sbilanciato le strutture pubbliche, è possibile individuare diversi segni di ripresa.
Il primo riguarda senza dubbio un miglioramento nell’aderenza a standard di qualità elevati in alcune aree mediche, in particolare quella cardiovascolare, dove si passa da un 51% del 2022 a un 59% del 2023. L’ambito oncologico è più complesso. Qui si osserva un miglioramento, seppur lieve, nel trattamento del tumore al seno, con l’85% delle strutture coinvolte che effettuano più dei 150 interventi l’anno considerati necessari per garantire un trattamento di qualità… nel 2022 erano l’84%.
L’altra forma di neoplasia che viene trattata secondo gli standard richiesti dal Decreto Ministeriale preposto è il tumore alla prostata: in questo caso si parla dell’80% di strutture che eseguono più di 50 interventi l’anno. Seguono, per percentuale di aderenza alle soglie stabilite, il tumore al polmone (74%) e quello del colon-retto (66%).
Il tumore al pancreas, forse a causa dell’alta complessità, presenta una percentuale inferiore al 50%, pari al 44%. Come si vede, ci sono ancora ampi margini di miglioramento, anche perché, spesso, le strutture che non rispettano le soglie minime richieste dal Ministero della Salute eseguono un numero davvero troppo basso di casi l’anno.
Anche l’area muscolo scheletrica vede un miglioramento, soprattutto per quanto riguarda l’intervento entro 48 ore dalla fratturazione del femore in pazienti over 65: una tempistica necessaria perché consente, secondo la letteratura e l’esperienza, di ridurre al minimo le complicanze post operatorie. Ebbene, nel 2023 la percentuale di strutture che ha rispettato queste tempistiche è del 59%, rispetto al 53% del 2022. Anche in questo caso i numeri parlano chiaro: di può fare di più.
Da ultimo, si osservano miglioramenti anche in area chirurgica: si passa da un 86% a un 88% di strutture che riducono il ricovero a meno di 3 giorni dopo una colecistectomia laparoscopica.
Il caso dei punti nascita
Quello dei punti nascita è senza dubbio un caso a sé. Se è vero che il numero di tagli cesareo continua a seguire il trend in diminuzione degli anni passati, attestandosi per il 2023 sul 22,7%, lo è anche che lungo lo stivale ci sono ancora troppi Punti Nascita che eseguono meno di 500 parti l’anno… un numero che, invece di diminuire, cresce. In questa edizione del PNE sono solo il 62% le strutture che, al contrario, eseguono più di 1000 parti l’anno, numero considerato minimo per garantire intervento tempestivo alla diade madre/figlio nel caso di insorgenza di complicanze, attese e inattese. Altro indicatore utilizzato per valutare la qualità del comparto nascite è l’uso della episiotomia, che risulta in diminuzione, sebbene in modo disomogeneo lungo lo stivale. Questo è un tratto distintivo di tutta l’area perinatale: storicamente, per esempio, il numero di parti cesareo primari è sempre stato superiore al Sud rispetto che Nord; simile il discorso per le episiotomie. Nel complesso, quindi, si osservano passi avanti nella maggior parte delle aree ospedaliere prese in considerazione. Contemporaneamente, il numero di ricoveri l’anno torna ai livelli pre-pandemici, a indicare una ripresa delle strutture pubbliche. Che dire, invece, del territorio?
Qualità territoriale
Il PNE nasce come strumento di audit del’attività ospedaliera e, pertanto, gli indicatori utilizzati per valutare l’assistenza territoriale sono comunque di natura ospedaliera: si parla di accessi al PS e di ricoveri per riacutizzazione di patologia cronica, come BPCO, diabete e asma pediatrico. In questo senso, si osservano aumenti nei ricoveri evitabili lungo lo stivale, anche se in questo ambito persiste una forte variabilità geografica che rende difficile giungere a conclusioni definitive. Prendiamo il caso della BPCO: si osserva una maggiore ospedalizzazione in alcune Regioni, in particolare Valle D’Aosta, Emilia Romagna e Puglia, ma non è possibile verificare se ciò sia collegato, come possibile, a una maggiore prevalenza della malattia in questi stessi territori. Una reale valutazione dell’attività territoriale richiederebbe indicatori specifici e, in effetti, AGENAS ci sta lavorando.
Link: https://pne.agenas.it/