In 5 anni il SSN potrebbe risparmiare fino a 171 milioni di euro se venisse diffusa maggiormente la dialisi peritoneale come trattamento per la malattia renale cronica. Si tratta di uno dei risultati dello studio condotto da Altems – Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
La malattia renale cronica in Italia interessa circa il 10% della popolazione, anche se molti non sanno di soffrirne e la diagnosi arriva sovente tardivamente. Si tratta di una patologia che compromette la funzionalità del rene.
L’incidenza della dialisi è di 160 persone su un milione (circa 6 mila), con una prevalenza di 762 persone su un milione, pari o leggermente sopra i 45 mila pazienti secondo i dati del Rapporto 2023 del Registro Italiano di Dialisi relativo al 2021.
Prevalenza e incidenza della patologia differiscono significativamente tra le diverse regioni. Quanto alla prima si passa dalla prevalenza maggiore del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia (1.077 e 1.016 casi, rispettivamente) alla minore di Piemonte e Veneto (708 e 579 casi).
L’incidenza maggiore si registra nelle Marche e in Trentino-Alto Adige (28,8 e 24,1 casi su 100 mila abitanti) a fronte della minore di Veneto e Calabria con 12,4 e 13,1 casi su 100 mila abitanti, rispettivamente.
A livello di opzioni terapeutiche, l’emodialisi, a oggi trattamento standard, compie una depurazione del sangue tramite un apparecchio esterno, mentre la dialisi peritoneale è una terapia sostitutiva renale che sfrutta come filtro il peritoneo e viene effettuata in autonomia dal paziente o con l’ausilio di un caregiver, al proprio domicilio.
Una maggiore diffusione della dialisi peritoneale consentirebbe, in 5 anni, un risparmio al SSN fino a 171 milioni di euro. Si tratta di uno dei risultati dello studio condotto dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con il contributo non condizionante di Baxter, presentato a Roma, presso l’Auditorium del Ministero della Salute nel corso del Convegno “Dialisi, Cambia Tutto. Valutazione HTA e percorso clinico assistenziale” lo scorso 8 maggio.
Il lavoro ha affrontato le opzioni terapeutiche ad oggi disponibili attraverso un approccio HTA, sulla base di valutazioni di costo-utilità e costo-efficacia.
Nonostante l’emodialisi venga considerato il trattamento standard ad oggi, l’analisi evidenzia che la dialisi peritoneale offre notevoli vantaggi, sia in termini di outcome clinici (ridotti rischi di complicanze: -40% e -47% rispettivamente di ictus cerebrale e fratture d’anca rispetto ai pazienti in emodialisi) sia dal punto di vista economico (costi ridotti del 18% a paziente) evidenziando una migliore gestione delle comorbidità e un impatto positivo sulla qualità e sull’aspettativa di vita dei pazienti.
Difformità regionali nell’assistenza e nei trattamenti
A livello regionale sono stati evidenziate marcate differenze nell’accesso ai trattamenti: il 91% dei pazienti italiani è sottoposto a trattamento di dialisi ematica presso un centro ospedaliero pubblico o del privato accreditato a fronte di appena il 9% che riceve la terapia a domicilio con dialisi peritoneale; soltanto 200 pazienti riescono invece ad effettuare il trattamento di emodialisi domiciliare.
Altresì, il Piano Nazionale Cronicità non è stato implementato in tutte le Regioni, le quali in alcuni casi non dispongono di una normativa ad hoc per la malattia renale cronica. In molte regioni mancano anche PDTA attivi, come è il caso di Lazio, Marche, Molise, elemento questo che evidenzia una assistenza non uniforme e spesso incompleta.
Importanza di innovazione e HTA per la sostenibilità del SSN
«Il tema dell’innovazione tecnologica, comprendente anche le innovazioni organizzative che discendono dalla disponibilità di nuovi dispositivi medici, è sempre più sfidante per il SSN. Stiamo finalmente iniziando a usare per la valutazione di queste nuove tecnologie l’approccio dell’health technology assessment. Il report di Altems, redatto con una metodologia HTA robusta, suggerisce importanti opportunità per migliorare l’erogazione di prestazioni dialitiche domiciliari a chi soffre di patologia renale cronica, in un contesto di efficacia clinica di qualità di vita dei pazienti e di sostenibilità economica», ha commentato Americo Cicchetti, direttore della direzione generale di Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute.