Tra le categorie mediche messe maggiormente sotto pressione dalla pandemia da Sars-CoV-2 ci sono gli anestesisti e gli intensivisti che hanno avuto a che fare con i pazienti più gravi, ricoverati in Terapia Intensiva e SubIntensiva.
Nei mesi scorsi Antonino Giarratano, presidente della Siaarti, denunciava che il livello di esaurimento psicofisico era giunto al 65% nella categoria, ma la realtà è che si tratta di un problema preesistente.
Uno studio italiano ha infatti indagato il burnout in un campione di anestesisti e intensivista prima dell’avvento del Sars-CoV-2, cercando di individuarne le cause per allestire una strategia politica risolutiva, o aiutare a farlo.
Gli autori mettono in relazione questo stato di esaurimento con vari aspetti psicologici e con la alessitimia, un disturbo affettivo-cognitivo relativo a una particolare difficoltà di vivere, identificare e comunicare le emozioni. 300 i soggetti coinvolti: 101 maschi e 199 femmine, divisi in gruppi in base alla fascia di età di appartenenza: 25-29 anni, 30-39 anni, 40-49 anni e >49 anni.
Per quanto riguarda lo stato civile, 196 sono non sposati, 81 sposati, 11 separati, 11 divorziati e 1 vedovo. Tutti hanno risposto a un questionario inerente aspetti demografici e educativi, caratteristiche lavorative e il benessere, e sono stati sottoposti a una serie di test psicologici: il Maslach Burnout Inventory Tool, la Toronto Alexithymia Scale, la Symptom Checklist-90-R e la Rosenberg Self-Esteem Scale.
I risultati indicano in modo inequivocabile che il 29% dei soggetti coinvolti era ad alto rischio di cadere in un esaurimento emotivo, mentre il 36% era a rischio medio-alto. Non solo. Un altro rischio particolarmente presente è quello di depersonalizzazione, incapacità di percepire le emozioni, che tocca nel complesso il 53% dei partecipanti.
Infine, davanti alla domanda “torneresti a studiare medicina?”, 1 specialista su 6 ha risposto negativamente. Volendo poi indagare le cause di questa condizione, si scopre che nella maggior parte dei casi lo stress è dato da insoddisfazione relativa alla propria carriera, a relazioni conflittuali con i chirurghi e alla difficoltà di spiegare il proprio lavoro ai pazienti.
Gli autori hanno anche osservato che la presenza di alessitimia aumenta il rischio di burnout. Che fare, quindi? Secondo gli autori, occorre agire su più livelli, ma da subito… anche perché la pandemia, come accennato, ha peggiorato di molto la situazione.
Lo studio suggerisce di iniziare a utilizzare le risorse economiche, umane e tecnologiche disponibili per intervenire sui turni lavorativi, rendendoli più umani, e per dare maggiore possibilità di carriera e guadagno. A cambiare deve essere quindi anche la politica sanitaria: bisogna tornare a dare importanza a certe figure ospedaliere, senza le quali la sicurezza della salute pubblica non sarebbe più possibile. Infine, sarebbe utile offrire agli specialisti a rischio esaurimento un supporto psicologico e psicoterapeutico, così da aiutarli ad affrontare e focalizzare il problema.
Studio: Vittori A, Marinangeli F, Bignami EG, Simonini A, Vergallo A, Fiore G, Petrucci E, Cascella M, Pedone R. Analysis on Burnout, Job Conditions, Alexithymia, and Other Psychological Symptoms in a Sample of Italian Anesthesiologists and Intensivists, Assessed Just before the Covid-19 Pandemic: An AAROI-EMAC Study. Healthcare (Basel). 2022 Jul 24;10(8):1370. doi: 10.3390/healthcare10081370. PMID: 35893193
Stefania Somaré